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dai GIORNALI di OGGI

Libertà di stampa, folla a Roma

"Basta campagna di accuse "

Gli organizzatori: "Siamo 300 mila".

Siddi: "No a ddl Alfano".

Saviano: "Verità e potere non coincidono"

Minzolini: "Manifestazione assurda"

Il Pd: "Editoriale senza precedenti"

Il direttore del Tg1 contro l'iniziativa per la libertà

di stampa: "Si vuole insediare un regime mediatico"

gentiloni: "Militanza degna del miglior fede"

2009-10-04

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L'ARGOMENTO DI OGGI

 

Il Mio Pensiero:

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2009-09-29

CORRIERE della SERA

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2009-10-04

Il cdr del Tg1 critica Minzolini

La replica: "Siete voi gli intolleranti"

Il comitato di redazione chiede un incontro con i vertici Rai: "Mai stati schierati, siamo il tg di tutti"

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NOTIZIE CORRELATE

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Minzolini: "Manifestazione assurda"

MILANO - Il Comitato di redazione del Tg1 ha chiesto ai vertici aziendali un incontro, dopo l’editoriale letto dal direttore Augusto Minzolini contro la manifestazione per la libertà di informazione. "Il Tg1 - si legge nel comunicato sindacale dei giornalisti - non è mai stato schierato, nella sua storia, contro alcuna manifestazione. Ieri il direttore lo ha allineato contro la manifestazione del sindacato unitario dei giornalisti per la libertà d’informazione, cui ha aderito una moltitudine di cittadini".

"TELEGIORNALE DI TUTTI" - "Il Tg1 - ricorda il Cdr - ha per sua tradizione un ruolo istituzionale, non è un tg di parte. E’ il tg di tutti i cittadini, anche di quelli che hanno manifestato per chiedere il rispetto dell’articolo 21 della Costituzione. E cui sbrigativamente è stato detto di aver fatto una cosa 'incomprensibile'". "Il Tg1 va in tutte le case. E’ servizio pubblico - sottolineano i rappresentanti dei giornalisti del Tg1 - e rispetta ogni opinione e sensibilità per non mettere in gioco il suo patrimonio di credibilità. Ai telespettatori che in queste ore fanno giungere le loro proteste l’impegno del comitato di redazione perché siano recuperati rispetto ed equilibrio. Ai vertici aziendali - conclude il comunicato - chiediamo una convocazione urgente per esprimere le nostre preoccupazioni".

MINZOLINI: "SIETE INTOLLERANTI" - Pronta la replica dello stesso Augusto Minzolini: la nota del cdr "è la dimostrazione che c'è chi manifesta per la libertà di stampa, ma è intollerante verso chi ha una opinione diversa", è il commento stringato del direttore del Tg1.

 

04 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

NELLA CAPITALE SFILANO ANCHE I PRECARI DELLA SCUOLA

Libertà di stampa, folla a Roma

"Basta campagna di accuse "

Gli organizzatori: "Siamo 300 mila". Siddi: "No a ddl Alfano". Saviano: "Verità e potere non coincidono"

ROMA - Una piazza gremita e colorata da palloncini rossi e verdi, tante bandiere della Cgil, dell'Italia dei Valori, del Pd, di associazioni e di altre sigle sindacali, numerosi striscioni e grandi cartelli contro Silvio Berlusconi: così si presenta Piazza del Popolo quando inizia la manifestazione per la libertà di informazione organizzata dal sindacato unitario dei giornalisti. Trecentomila i partecipanti, secondo gli organizzatori. Sessantamila per la Questura.

 

 

FNSI - La manifestazione inizia con un minuto di silenzio per la sciagura di Messina. Sale sul palco Franco Siddi, segretario generale della Fnsi, che invita il premier, Silvio Berlusconi, a ritirare "il ddl Alfano sulle intercettazioni" e "le cause intentate contro i giornalisti". "Al premier, al Parlamento e al governo - afferma Siddi - chiediamo di cancellare le norme che vietano l'esercizio del diritto di cronaca, e di consentire che le indagini giudiziarie possano svolgersi secondo l'indipendenza della magistratura. Al presidente del Consiglio chiediamo anche di cessare la campagna di accuse contro i giornalisti, di smetterla di additarci come farabutti e di dire finalmente la verità. Chiediamo all'onorevole Berlusconi e a tutti i politici che hanno intentato azioni legali contro i giornalisti - ha insistito Siddi - di ritirare le cause".

 

 

SAVIANO - Poi arriva l'intervento di Roberto Saviano. "Combattiamo per la serenità di lavorare senza doverci aspettare ritorsioni. Quello che sta accadendo in questi giorni dimostra che verità e potere non coincidono mai" dice l'autore di "Gomorra". "Quello che è accaduto a Messina è il frutto non della natura, ma del cemento. Se chi permette a chi scrive di farlo secondo coscienza e senza pressioni, tragedie come questa potrebbero essere evitate. Onore è una parola che la mafia ci ha rubato. Questo termine oggi è stato recuperato. Ma non bisogna dimenticare che qui vicino, in una via molto famosa, sono stati sequestrati dei ristoranti di proprietà della n'drangheta. Oggi, però, abbiamo dimostrato che questo Paese vuole ritrovare il suo onore".

In piazza anche bandiere della pace (IPP)

In piazza anche bandiere della pace (IPP)

LA POLITICA - Molti i leader politici dell'opposizione presenti. "Questa è una grande prova della società italiana, della società civile che ha ancora la capacità di indignarsi" afferma il segretario del Pd, DarioFranceschini. "Siamo qui - dice invece il leader Idv, Antonio Di Pietro - perché vogliamo riaffermare il diritto all'informazione, fondamentale per la democrazia, che oggi è minacciata". "Parlamento e governo - aggiunge Di Pietro - fanno sempre più leggi per pochi e per furbi mentre molti stanno male". La manifestazione, spiega Di Pietro, "è per la libertà di stampa e contro il governo Berlusconi che è in totale conflitto di interessi". "Mi spiace non aver potuto partecipare all'iniziativa della Fnsi sulla libertà di stampa - dichiara invece il segretario del consiglio nazionale dell'Ordine dei giornalisti Enzo Iacopino. - Ho semplicemente sbagliato piazza e mi sono ritrovato in una manifestazione del Pd, di Rifondazione Comunista con la partecipazione di Cgil e di tanti esponenti dello spettacolo. C'era anche il sosia dell'onorevole Antonio Di Pietro perché non poteva certo essere il leader dell'Italia dei valori, primatista tra i politici delle cause contro i giornalisti", ha concluso Iacopino. "Questa piazza è la miglior risposta a chi definisce una buffonata la necessità di manifestare per la libertà di stampa" dice Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21. "Questa piazza - insiste Giulietti - saprà difendere anche la libertà delle donne e degli uomini di destra, dileggiati per aver espresso un punto di vista diverso rispetto a quello del presidente editore. Il miglior sponsor di questa manifestazione è stato Berlusconi, il quale ha sostenuto che in Italia c'è talmente libertà di stampa al punto che vanno in onda 4 o 5 trasmissioni che non gli piacciono. Parole di un sovrano sul viale del tramonto". "Si parlava di un Paese rassegnato, seduto - afferma il segretario della Cgil, Guglielmo Epifani - ma questa è una grande prova di vitalità democratica con la presenza di tanti cittadini, al di là della presenza dei partiti, e anche tanti giovani".

 

 

MANIFESTAZIONE DELLA SCUOLA - A Piazza del Popolo anche il corteo dei lavoratori della scuola a cui hanno aderito Flc-Cgil e Gilda. Come spiega la Federazione Lavoratori della Conoscenza-Cgil, si tratta di "un'altra importante occasione, nel percorso di mobilitazione e di lotta contro la precarietà e contro la politica scolastica di questo governo, per sostenere la piattaforma rivendicativa presentata lo scorso 15 luglio". Per le strade della Capitale anche un secondo corteo di precari della scuola, quello dei Cobas: partenza da Santa Maria Maggiore e arrivo al ministero dell'Istruzione a Trastevere. A termine del corteo, sulle scale del ministero, l'assemblea dei precari per fare un bilancio del movimento e proporre le future iniziative. "È una mobilitazione, sviluppatasi in tutta Italia, contro la politica scolastica di Tremonti-Gelmini che, in spregio a qualsiasi progetto didattico e culturale, sta ingigantendo il distruttivo immiserimento della scuola pubblica praticato anche dai governi di centrosinistra, tagliando circa 60mila posti di lavoro, scuole, classi ed espellendo in massa i precari/e in base a sciagurate motivazioni finanziarie", dice Piero Bernocchi, portavoce nazionale dei Cobas. "È grave che, di fronte ad un appuntamento di lotta così importante per la scuola, la 'cattiva politica' dei partiti e sindacati di centrosinistra (che con i governi Prodi hanno sostenuto politiche analoghe a quelle berlusconiane), nell'intento di opporsi a Berlusconi come persona e non come politica, manifestino per 'la libertà di stampa' (mai garantita quando erano al governo) nello stesso giorno, ora e città dei precari; ed ancor più grave che vogliano sottrarre - con il corteo della Cgil e dei partiti di centrosinistra - gruppi di precari dalla mobilitazione verso il Ministero per rimpinguare la loro manifestazione", prosegue Bernocchi.

 

03 ottobre 2009

(ultima modifica: 04 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

 

gentiloni: "Militanza degna del miglior fede"

Minzolini: "Manifestazione assurda"

Il Pd: "Editoriale senza precedenti"

Il direttore del Tg1 contro l'iniziativa per la libertà

di stampa: "Si vuole insediare un regime mediatico"

ROMA - Il Tg1 schiera il suo direttore contro la manifestazione per la libertà di informazione promossa dal sindacato dei giornalisti. In un lungo editoriale, Augusto Minzolini prende la parola per sottolineare come a suo giudizio in un Paese nel quale "sono finiti nel "tritacarne" dell'informazione Berlusconi, gli Agnelli, De Benedetti denunciare che la libertà di stampa è in pericolo è un assurdo". Secondo Minzolini l’informazione "è diventata il teatro di uno scontro di potere" e la manifestazione di Roma "fotografa una disparità: è stata convocata contro la decisione del premier di querelare Repubblica e l'Unità. Si contestano due sole querele e non quelle che colpiscono altri giornali, magari di diverso orientamento". Minzolini ricorda che negli ultimi anni la maggior parte delle querele contro giornalisti sono state presentate da esponenti del centrosinistra. "Mi chiedo: è possibile che la libertà di stampa sia stata messa in pericolo solo dalle querele di Berlusconi?". In Italia, attacca Minzolini, "si ha una strana concezione del pluralismo dell’informazione: ci sono giornali che si considerano depositari della verità, che giudicano gli altri che la pensano in modo diverso come nemici o servi. Chi ha questa concezione - conclude - manifesta contro un ipotetico regime politico, per insediare un inaccettabile regime mediatico".

POLEMICA - L'editoriale di Minzolini provoca la dura reazione del Pd: "È una svolta per il Tg1 - afferma in una nota il responsabile della comunicazione, Paolo Gentiloni. - Il principale Tg italiano abbandona, anche formalmente, ogni profilo istituzionale e scende in campo con una polemica contro una manifestazione di forze sindacali e di opposizione cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone". "Non ci sono precedenti di un simile stravolgimento di un telegiornale del servizio pubblico - aggiunge. - Chiedo che la Commissione di vigilanza sulla Rai accerti se il direttore del Tg1 può darsi ad una militanza degna del miglior Fede". Per il segretario generale della Fnsi, Franco Siddi, "l'arroganza di talune scelte di schieramento non ha limiti, per taluno. Il resoconto del Tg1 delle 20 della grande manifestazione sulla libertà di stampa è il segnale più evidente e grave di un servizio pubblico malato che nella sua testata di punta manipola la realtà". "Il direttore Minzolini - prosegue Siddi - può avere idee diverse da noi e ha tutto il diritto di esporle, ma il principale tg del servizio pubblico non può negare la completezza e la correttezza dell'informazione. Ignorare l'organizzazione della Federazione della stampa, ignorare e cancellare le relazioni che spiegavano cosa fosse la manifestazione per dare l'idea che anziché una giornata di libera informazione e di espressione della coscienza civile sia stata una passerella di politici dell'opposizione, che invece hanno partecipato con rispetto dell'autonomia dei giornalisti e di tutti gli organizzatori, è un'operazione miserabile, una manipolazione imperdonabile". Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, ci tiene invece a "ringraziare il direttore del Tg1 perché con il suo editoriale ha confermato come la libertà di informazione sia davvero a rischio. Nei paesi normali il coraggio si esprime nella capacità di criticare il potere. In Italia invece si misura nella capacità di inchinarsi di fronte al conflitto di interessi". Arriva poco dopo la replica di Daniele Capezzone, portavoce del Popolo della Libertà: "È inaccettabile che, da parte del Pd, prosegua il metodo delle minacce e delle intimidazioni contro Augusto Minzolini e il Tg1. Il fuoco di fila di dichiarazioni aggressive e minatorie della sinistra contro il direttore del Tg1 dopo il suo editoriale testimonia lo spirito fazioso di questi signori: sarebbero questi i campioni della libertà di informazione? È questo il loro metodo? Imbavagliare e aggredire chi non la pensa come loro? Si rassegnino: è finito il tempo in cui il Tg1 obbediva alle loro veline: ora, finalmente, la prima testata della Rai obbedisce agli obblighi di servizio pubblico, dà spazio a tutte le voci, ed è al servizio degli utenti, comunque abbiano votato e votino".

 

03 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Artisti e informazione

Baglioni: "Serve una stampa libera"

Il cantante a Lampedusa: "Più autonomia". Daniele Silvestri: "Troppe intimidazioni e censure"

Baglioni a Lampedusa (Ansa)

Baglioni a Lampedusa (Ansa)

DAL NOSTRO INVIATO

LAMPEDUSA - "Manifestare per la libertà di stampa? Io avrei preferito invertire i termini e parlare, piuttosto, di stampa libera. Sarebbe importante trovare molta più autonomia sui giornali". Anche Claudio Baglioni dice la sua sui problemi dell'informazione, qui dalla spiaggia di Lampedusa dove si sta concludendo la manifestazione di O'scia. Durante le quattro serate (con quasi trenta artisti) per parlare di integrazione e fratellanza fra i popoli, Baglioni riflette: "Se posso davvero dire la mia mi piacerebbe tornare a vedere le notizie pubblicate sui giornali. E non pettegolezzi". Con Baglioni anche il cantautore Daniele Silvestri: "Nel nostro paese c’è poca libertà di stampa e d’informazione. Ma non parlo di quelle macro censure visibili e delle quali si parla molto. Mi riferisco, piuttosto, a quelle intimidazioni e censure alle quali sono sottoposti ogni giorno i giornalisti". Silvestri non ha dubbi: "Nel nostro paese in questo senso c’è un serio pericolo di democrazia. Basta vedere quanto è difficile semplicemente spiegare il motivo di questa grande manifestazione per la libertà di stampa che c’è stata oggi".

Alessandra Arachi

03 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

REPUBBLICA

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2009-10-05

Wall Street Journal: sentenza Mondadori "duro colpo alla Fininvest"

Irish Times: l'editoriale di Minzolini sul Tg1 perfetto esempio di libertà di stampa limitata

Stampa estera: giustizia e informazione

"Il sabato nero di Berlusconi"

dal nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINI

Stampa estera: giustizia e informazione "Il sabato nero di Berlusconi"

LONDRA - "Il sabato nero di Silvio Berlusconi": così la stampa internazionale di oggi descrive gli ultimi sviluppi dello scandalo cresciuto attorno al presidente del Consiglio. La "più grande manifestazione mai tenutasi in Italia per la libertà di stampa" e la sentenza del Tribunale di Milano che ha condannato la Fininvest di Berlusconi a pagare750 milioni di danni alla Cir di Carlo De Benedetti, riconoscendo che la società del premier italiano ha corrotto dei giudici per ottenere il possesso della Mondadori negli anni '90, sono i due elementi di una giornata, il 3 ottobre 2009, che secondo i giornali stranieri "non verrà dimenticata tanto presto" dal leader del centro-destra.

Dal Wall Street Journal al Financial Times, dal Guardian al Telegraph, dalla stampa francese a quella spagnola, tutti i maggiori organi di informazione danno ampio risalto alla sentenza dei giudici milanesi contro Berlusconi. "La decisione impartisce un duro colpo alla Fininvest" dal punto di vista finanziario, scrive il Wall Street Journal. Il quotidiano britannico Telegraph osserva che il verdetto conferma che il capo del governo "ha corrotto un giudice", notando che Berlusconi non è stato processato in sede penale, ma soltanto in un tribunale civile, solo grazie al fatto che sono scaduti i termini per portarlo in tribunale. Il Guardian ricorda che la sentenza giunge pochi giorni prima di un'altra molto attesa decisione giudiziaria, quella della Corte Costituzionale, che sarà chiamata a esaminare la legalità del Lodo Alfano, ossia della legge, fatta approvare dal governo Berlusconi, che concede al premier l'immunità da cause giudiziarie. Lo svizzero 24 Heures nota che, oltre a riportare in prima pagina il fatto che Berlusconi ha corrotto un giudice, la sentenza di Milano lo condanna a pagare una cifra enorme per danni all'editore del giornale che "da sei mesi denuncia i suoi scandali privati".

L'altro tema del giorno per i media esteri è la manifestazione di sabato a Roma e in altre città in difesa della libertà di stampa. Il raduno "ha sorpreso per la sua ampiezza", scrive il francese Les Temps. Una manifestazione "monstre", la più grande mai organizzata in difesa della libertà di stampa in Italia, scrive l'Humanité. L'Irish Times afferma che l'editoriale critico nei confronti della manifestazione da parte del direttore del Tg1, Augusto Minzolini, è "un perfetto esempio di come la libertà di stampa viene limitata in Italia"; e nota la severa condanna del premier espressa alla manifestazione dal giornalisti del settimanale cattolico Famiglia Cristiana: "E' diabolico cercare di far credere alla gente che questa manifestazione sia una farsa", è il commento di Famiglia Cristiana riportato dal maggior quotidiano di un paese profondamente cattolico come l'Irlanda, alludendo alle parole usate da Berlusconi per minimizzare il significato dell'evento, "chiunque dice una cosa del genere, è in malafede e sa di esserlo". Libération a Parigi e il quotidiano The Australian a Sydney sono tra gli altri organi di stampa che scrivono sulla manifestazione di Roma.

Lo spagnolo El Mundo dedica inoltre un articolo al ritorno sulle scene del premio Nobel per la letteratura Dario Fo, con un lavoro "irriverente" che ha per bersaglio Silvio Berlusconi, "L'anomalo bicefalo". E il Wall Street Journal pubblica un'inchiesta sulle difficoltà delle reti Mediaset, in concorrenza con quelle di Sky (quest'ultima, come il Journal, è di proprietà di Rupert Murdoch, editore rivale di Berlusconi), osservando che le televisioni del Cavaliere stanno cercando di rispondere al calo di pubblicità scegliendo come target "le famiglie a basso reddito", ovvero quelle che non possono permettersi di pagare un pacchetto di abbonamento per una programmazione più varia e ricca.

(5 ottobre 2009)

 

 

 

 

Il retroscena. Il presidente pensa a un richiamo formale al direttore

Il cdr: "I messaggi sono molto duri, arrivano a tutte le redazioni del nostro giornale"

Un mare di mail agita Saxa Rubra

e anche i "falchi" chiedono moderazione

di GOFFREDO DE MARCHIS

Un mare di mail agita Saxa Rubra e anche i "falchi" chiedono moderazione

Augusto Minzolini

ROMA - Augusto Minzolini ieri si è preso un giorno libero. Ha parlato con i vicedirettori, con i suoi collaboratori più stretti, ha avuto anche un contatto telefonico con il Cdr, la rappresentanza sindacale della testata. Ma in redazione, fisicamente, ha messo piede solo un paio d'ore prima delle 20, l'ora in cui milioni di italiani si sintonizzano sul telegiornale che dirige. Per un'intera giornata non ha respirato il clima della palazzina in fondo al complesso di Saxa Rubra occupata dagli uffici del Tg1, quasi al confine con la Flaminia, che molti testimoni raccontano come un clima pesante. "Il disagio esiste e non dall'altra sera", racconta Alessandra Mancuso, membro del Cdr. L'altra sera è quella in cui il direttore Minzolini ha trasmesso l'editoriale di attacco alla manifestazione di Piazza del Popolo e di difesa del diritto di Silvio Berlusconi a presentare due querele ad altrettanti giornali, Repubblica e Unità.

Mentre Minzolini era fuori città la redazione del Tg1 ha cominciato ad assumere le sembianze di un terreno di guerra. Uno scontro, raccontano alcuni testimoni, ci sarebbe stato già sabato sera, tra falchi e colombe, tutto interno a giornalisti che fanno riferimento al Pdl. Persino Francesco Giorgino, capo del servizio politico, vicino alla maggioranza, avrebbe suggerito "moderazione". Insomma, di lasciar perdere l'editoriale. Due fedelissimi di Minzolini, Gennaro Sangiuliano e Luigi Monfredi, invece lo avrebbero incoraggiato ad andare avanti. Minzolini, su una linea che cade in continuazione lungo una tratta ferroviaria, ribatte senza scomporsi a queste indiscrezioni: "Cavolate. La redazione è molto tranquilla".

I telespettatori molto meno, però. Si fa cenno alle proteste del pubblico nel comunicato letto ieri sera da Tiziana Ferrario alle 20.30. La Mancuso spiega: "La nostra posta elettronica è piena di mail molto dure. "Vergognatevi", "Minzolini si deve dimettere", "siete servi". Arrivano a tutte le redazioni Interni, Esteri, Economia...". Succede, nei giornali, che qualche lettore si lamenta sempre. Ma questo è un coro, dicono. Il Cdr aspetta la convocazione di Paolo Garimberti e Mauro Masi per spiegare ai vertici dell'azienda "il disagio". E tra dieci giorni convocherà un'assemblea di redazione, prima deve rientrare l'altro membro del Cdr Alessandro Gaeta, inviato nelle zone dello tsunami.

Minzolini non si preoccupa. Dice di aver rispettato tutti, compresi i colleghi del Tg1. "Non ho detto che era sbagliata la manifestazione, ho detto che si poteva criticare. E mi stupisce la sollevazione del Cdr proprio quando si vuole difendere la libertà di tutti di esprimere le proprie opinioni". Nei contatti con il sindacato interno ieri è stato più che cortese. Ha chiesto se volevano uno spazio in mezzo al Tg delle 20 ("ma allora il comunicato dev'essere più breve") o in fondo. Ma ora il direttore del Tg1 non può temere solo la reazione dei suoi giornalisti. Si muove, con uno dei commenti più severi, il presidente della Federazione nazionale della Stampa Roberto Natale, già segretario del potente sindacato dei giornalisti Rai. E il presidente Garimberti, che per votare a favore di Minzolini aveva incassato la prima raffica di polemiche del suo mandato, da tempo ha chiuso ogni rapporto con il direttore. La lettera che manderà oggi a Masi infatti aveva intenzione di scriverla già prima dell'editoriale di sabato. Una censura in piena regola. Con la citazione di 4-5 episodi circostanziati in cui la principale testata Rai aveva omesso notizie rilevanti.

Nell'ipotesi più severa Garimberti sarebbe intenzionato a fare riferimento, in questa missiva, a quello che in Rai si chiama "documento di reciproco impegno". E' il testo di un accordo che l'editore firma con i numeri uno dei telegiornali impegnandoli alla "massima correttezza dell'informazione". Come dire: Minzolini, nei suoi editoriali, può anche dire ciò che vuole, ciò che invece non può fare un giornalista del servizio pubblico è nascondere fatti, dichiarazioni, immagini. A cominciare naturalmente dalle feste a casa Berlusconi e dalle "confessioni" di Patrizia D'Addario. La violazione del "documento" cosa comporta? Il consigliere del Pd Nino Rizzo Nervo lo aveva già richiamato per chiedere la risoluzione del contratto con Minzolini. E' questo l'obiettivo anche di Garimberti?

(5 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

2009-10-04

Comunicato dei giornalisti contro Minzolini che in un editoriale

ha attaccato la manifestazione sulla libertà di stampa dell'Fnsi

Rai, il cdr del Tg1 contro il direttore

"Non siamo un tg di parte ma di tutti"

"Ai telespettatori che protestano l'impegno perché siano recuperati rispetto ed equilibrio"

Il testo verrà letto nell'edizione delle 20 di stasera. Richiesto ai vertici un incontro urgente

Rai, il cdr del Tg1 contro il direttore "Non siamo un tg di parte ma di tutti"

Augusto Minzolini

ROMA - Il comitato di redazione del Tg1 in rivolta contro il suo direttore Augusto Minzolini. A far alzare al voce al cdr sono stati i servizi andati in onda ieri in relazione alla manifestazione sulla libertà di stampa promossa dalla Fnsi e l'editoriale dello stesso direttore che affermava di non capire il senso di quella protesta: "Denunciare che la libertà di stampa è in pericolo è un assurdo", affermava Minzolini. Il cdr ha così deciso di chiedere ai vertici Rai "una convocazione urgente per esprimere le nostre preoccupazioni".

In un comunicato di cui è stata ottenuta l'autorizzazione dell'azienda per la lettura nel tg delle 20 di oggi, si legge: "Il Tg1 non è mai stato schierato, nella sua storia, contro alcuna manifestazione. Ieri il direttore lo ha allineato contro la manifestazione del sindacato unitario dei giornalisti per la libertà d'informazione, cui ha aderito una moltitudine di cittadini".

"Il Tg1 - continua il comunicato - ha per sua tradizione un ruolo istituzionale, non è un tg di parte. E' il Tg di tutti i cittadini, anche di quelli che hanno manifestato per chiedere il rispetto dell'articolo 21 della Costituzione. E cui sbrigativamente è stato detto di aver fatto una cosa 'incomprensibile'. Il Tg1 va in tutte le case". "E' servizio pubblico - afferma ancora il cdr - e rispetta ogni opinione e sensibilità per non mettere in gioco il suo patrimonio di credibilità. Ai telespettatori che in queste ore fanno giungere le loro proteste l'impegno del comitato di redazione perché siano recuperati rispetto ed equilibrio". Il comunicato si chiude con la richiesta ai vertici di viale Mazzini di un incontro urgente.

(4 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

 

 

Il centro di Roma gremito per la manifestazione per la libertà di informare

Giornalisti, sindacati e tanti giovani. Saviano ricorda i cronisti caduti

Centinaia di migliaia in piazza

"Giù le mani dall'informazione"

di MATTEO TONELLI

Centinaia di migliaia in piazza "Giù le mani dall'informazione"

ROMA - "Il cittadino non informato o informato male è meno libero". Basterebbe questa frase, detta dal palco dal presidente emerito della Corte Costituzionale Valerio Onida, per spiegare il senso della giornata. Questo 3 ottobre che ha visto 300mila persone (secondo la stima degli organizzatori, 60mila per la questura) stipare all'inverosimile piazza del Popolo a Roma, fino a creare un muro di persone in buona parte delle vie del centro.

Dovere di informare e diritto di essere informati, è lo slogan di cui si è fatta promotrice la Federazione nazionale della stampa. E all'appello hanno risposto in centinaia di migliaia. Arrivati in piazza del Popolo per applaudire Roberto Saviano che elenca nomi dei giornalisti caduti mentre facevano il loro mestiere. Chiedendo che non si "infanghi" il loro nome. Ricordando che "verità e potere non coincidono mai". In piazza per gridare la loro solidarietà a Repubblica, L'unità, Annozero, Report e a tutti coloro che, da tempo, sono nel mirino dell'esecutivo. Per riconoscersi. Per dire e, dirsi, che la libera informazione è il tassello fondamentale della democrazia. Per cantare che "libertà e partecipazione".

E' una piazza davvero affollata quella baciata da un primaverile sole romano. Con la voglia di far sentire la sua voce. Di dire che non tutto "è reality", che "un'altra Italia è possibile". Una piazza militante, certo. Con i cartelli contro Berlusconi. Che fischia sonoramente quando i precari nominano il ministro Gelmini. Ma che non fa sconti nemmeno a sinistra. "D'Alema chiedi scusa e poi vattene", recita un cartello.

E' una piazza che esprime un bisogno di partecipazione, di mobilitazione. Piena di ragazzi e ragazze. Sono davvero tanti quelli venuti a piazza del Popolo. Gente che cita Gramsci e il suo "odio per gli indifferenti". Una piazza variegata. Ci sono i giornalisti, davvero tanti. Anche quelli della stampa cattolica, da Avvenire a Famiglia Cristiana, il cui direttore Don Sciortino manda un messagio per dire che è "diabolico far credere che questa manifestazione sia una farsa. La legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a spalmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica". Si schiera anche il cdr di Mediaset.

Ci sono cittadini che a farsi dare dei "farabutti" dal premier non ci stanno. Anche se quelli di Rai3 se lo scrivono, beffardamente, in uno striscione. Giornalisti che vedono minacciata la loro professione. "Il governo ritiri il dl Alfano e le querele contro Repubblica e Unità" dice il segretario della Fnsi, Franco Siddi.

E ci sono i partiti e le loro bandiere, anche se gli organizzatori avevano chiesto un passo indietro. Franceschini e Bersani (che per un giorno dimenticano la sfida congressuale), Bertinotti, Di Pietro. C'è la Cgil di Guglielmo Epifani che ha organizzato molti pullman. Mancano Cisl e Uil e la piazza li fischia. Ed ancora l'associazionismo, l'Arci, Giustizia e Libertà. Gli universitari con il bavaglio sulla bocca. Ma anche il mondo della cultura, preoccupato per i tagli, altra forma di restringimento della libertà. Nanni Moretti si mischia tra la folla e lancia un affondo al centrosinistra "che negli ultimi 15 anni ha sbagliato tutto". Serena Dandini incassa applausi. E ci sono i precari della scuola che oggi a Roma si sono ritrovati in corteo. E tantissimi semplici cittadini.

Come Paola Franchi e Graziella e Donatella Andreani. Sono partite da Verona alle sette della mattina. Il perché lo spiegano così: "Bisogna difendere la democrazia, oggi è sempre più difficile far conoscere verità. Lo diciamo anche ai giornalisti: tenete la schiena dritta".

C'è gente così a questa manifestazione che non è una festa, non è una farsa (come l'ha definita Berlusconi) e non è nemmeno uno spettacolo (nonostante ci siano i cantanti). "E' l'ennesima manifestazione contro Berlusconi" tuona la destra. E di sicuro, da queste parti, il premier non riscuote simpatie. Ma non è lui il protagonista, stavolta. Certo, alcuni cartelli lo sbeffeggiano. Richiamano la vicende delle escort a palazzo Grazioli. "L'infomazione rende liberi, papi ci rende schiavi". "Dieci ragazze per me posson bastare". "Le notizie non si coprono con il cerone". Un cartello ricorda le dieci domande di Repubblica a cui il premier non ha mai risposto. L'antiberlusconismo c'è. I fischi al Tg4 e a Feltri pure. Ma c'è anche molto altro. Ci sono cartelli che citano Calamandrei quando paragona la libertà all'aria. Altri che ricordano come non essere ascoltati non sia una buona ragione per tacere. Se c'è un messaggio che questa piazza lancia è proprio questo. Non è più tempo di feste e spettacoli. E quando Marina Rei canta Gaber, quel "libertà è partecipazione" sembra l'unica colonna sonora possibile per una giornata così.

(3 ottobre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

Frasi e citazioni, a piazza del Popolo la protesta portata da casa

Tanti contro Berlusconi, ma la parola più ricorrente è "libertà"

Foto, cartelli, collage e pennarelli

in piazza lo slogan è autoprodotto

di ALESSANDRA VITALI

Foto, cartelli, collage e pennarelli in piazza lo slogan è autoprodotto

ROMA - La libertà di stampa se la sono portata da casa. Hanno stampato volantini, magliette, cartelli. Striscioni, biglietti, adesivi. Chi non ha stampato ha scritto a mano. Con la penna, col pennarello, col pennello. O ha incollato: foto, fotocopie, pagine di giornali. La partecipazione alla manifestazione in difesa della libertà di informazione si traduce anche in gara creativa. Ognuno vuole dire la sua, dirla come se la sente. Un manifesto, una t-shirt, uno striscione, una rima, una foto. Tutto rigorosamente autoprodotto. La protesta è di carta e di stoffa. Nasce da quella voglia di "c'ero anch'io" che ti fa mettere la parola e la firma oltre alla faccia.

Ci sono quelli che ce l'hanno con la politica che in piazza non ce li porta e scrivono "D'Alema, ora chiedici scusa e vattene". C'è chi gioca facile e scrive "Papi, mi presti la escort?". Ci sono "farabutti" e "farabutte" d'ogni genere e età. Le signore e i bambini. Gli anziani e gli adolescenti. Le fotocopie, i collage, i pennarelli. Le parole che scendono oblique sul foglio, magari scritte sul pullman, o ieri sera sul letto ma chisseneimporta, quel che importa è dirle.

Berlusconi è il più gettonato. "L'informazione ci rende liberi, Papi ci rende schiavi". "Voglio, posso, comando... La buonanima era un santo, in confronto a Silvio". E sono cartelli scritti con il pennarello. Poi ci sono i collage, copertine e titoli di giornali affiancati a liberi pensieri. Un cartello giallo con incollata la copertina dell'Espresso che titola "Sua libertà di stampa" e sotto la scritta "No al padrone unico dell'informazione". O le magliette con gli slogan stampati: "Se la risposta è Berlusconi, la domanda è sbagliata".

Le domande, quelle dieci alle quali il premier non ha mai risposto, spuntano a ogni angolo. Sotto forma di volantino, fotocopiate da Repubblica e incollate su un cartello, qualcuno le ha anche stampate su una t-shirt. Ma la parola che più ricorre in piazza del Popolo è "libertà". Con Calamandrei: "La libertà è come l'aria, ci si accorge di quanto sia importante quando viene a mancare". Contro i giornalisti che la piazza giudica "di regime": "Libertà di informazione. Ippopotami, elefanti, cerbiatti, cani, gatti, fenicotteri, procioni, orsi, coccodrilli e lamantini. Non è Piero Angela. Questo è il Tg1 di Minzolini. No al lavaggio del cervello".

Ci sono dei ragazzi arrivati in gruppo da Reggio Emilia. Tutti con lo stesso cartello giallo appeso al collo e scritto in rosso e in nero: "La pace si nutre di un'informazione libera". Una signora mostra dei fogli vezzosamente color rosa con scritto "Ora stampiamo un bel casino". Poi c'è il "gruppo della mitra", tre-quattro ragazzi e ragazze con in testa un copricapo di cartone ispirato a quello del Papa, e la scritta: "Stanno vivendo un sogno, si sveglieranno in un incubo".

E ancora, sui telegiornali: "C'è un'Italia che non è raccontata, che non trova spazio nei sommari dei tg, che annaspa nell'oblìo del tubo catodico. Questa Italia deve essere rivelata. No all'informazione al guinzaglio". Tiene invece al guinzaglio un anziano bassotto l'uomo che, arrampicato sulla base dell'obelisco di piazza del Popolo solleva con un braccio - senza stancarsi mai - un foglio con scritto "AAA democrazia confusa cerca informatori con postura eretta".

E se una ragazza giovanissima porta in giro per la piazza un grande foglio di cartone rosso, con su scritto "Non essere ascoltati non è una ragione per tacere", trova spazio anche la protesta di una signora inglese, che con aplomb, e una scritta rossa e blu osserva: "Berlusconi liked Italy so much he bought the country", "A Berlusconi l'Italia piace così tanto che se l'è comprata".

(3 ottobre 2009)

 

 

 

 

 

Il direttore del telegiornale nell'edizione delle 20 in diretta ha dato un giudizio negativo

della protesta a Roma della Fnsi. "Nessun problema per solo due querele di Berlusconi"

Tg1, Minzolini attacca la manifestazione

"Libertà di stampa in pericolo? Assurdo"

Gentiloni (Pd): "Non ci sono precedenti di un simile stravolgimento di un tg del servizio pubblico"

Rizzo Nervo (Rai): "Non mi meraviglia, essendo abituato soltanto alla libertà di nascondere le notizie"

Tg1, Minzolini attacca la manifestazione "Libertà di stampa in pericolo? Assurdo"

Augusto Minzolini

ROMA - "Lo dico senza spirito polemico: la manifestazione di oggi per la libertà di stampa per me è incomprensibile". In un editoriale, il direttore del Tg1, Augusto Minzolini in diretta nell'edizione delle ore 20 dà un giudizio negativo della protesta organizzata oggi a Roma, in piazza del Popolo, dalla Fnsi, il sindacato unitario dei giornalisti italiani, sulla libertà di stampa.

Spiega Minzolini: "Manifestare è sempre legittimo e salutare per la democrazia, ma in un Paese dove negli ultimi tre mesi sono finiti nel tritacarne mediatico Berlusconi, l'avvocato Agnelli, l'ingegner De Benedetti, l'ex direttore di Avvenire, il direttore di Repubblica e tanti altri, denunciare che la libertà di stampa è in pericolo è un assurdo".

Secondo Minzolini "è in atto uno scontro di poteri nell'informazione e la manifestazione di oggi fotografa una realtà: una manifestazione convocata contro la decisione del premier di presentare due querele, a Repubblica e all'Unità. In realtà negli ultimi 10 anni sono 430 le querele dei politici, per il 68% di esponenti di sinistra. E' possibile che la libertà di stampa venga messa in pericolo solo da due querele di Berlusconi?".

Per il direttore del Tg1, "la manifestazione di oggi è un episodio di questo scontro perché fotografa una disparità. E' stata convocata contro la decisione del premier di querelare due giornali, Repubblica e Unità. Si confessano due sole querele ma non quelle che colpiscono gli altri giornali, magari di diverso orientamento".

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"Vediamo poi quello che succede all'estero - Prosegue il direttore del Tg1 - Nel 2004, Tony Blair dopo un lungo braccio di ferro che arrivò quasi in tribunale costrinse alle dimissioni i vertici della Bbc, che lo accusavano di aver falsificato i dossier sulla guerra in Iraq. Non si può pensare che i giornali abbiano sempre ragione", sostiene Minzolini.

La vicenda del 2004 ricordata da Minzolini in realtà non arrivò mai in tribunale e Tony Blair non querelò mai la Bbc. La commissione d'inchiesta indipendente di Lord Hutton fu creata per investigare sulla morte di un consulente del governo, David Kelly, che nel 2002 aveva scritto un rapporto sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Dopo il servizio della Bbc in cui Kelly veniva individuato come la fonte in grado di sostenere che il rapporto era stato manipolato per agevolare l'intervento britannico in Iraq, Kelly si suicidò. In seguito all'inchiesta, che individuò l'errore della Bbc sulle accuse di manipolazione e scagionò il premier, il presidente e il direttore generale della rete pubblica si dimisero, ammettendo l'errore. Ma non c'era stata alcuna querela da parte del premier o di membri del governo.

Minzolini continua così il suo editoriale. "La difesa corporativa non fa bene all'autorevolezza dei media; specie in Italia, dove si ha una strana concezione del pluralismo dell'informazione. Ci sono giornali che si considerano depositari della verità e che giudicano gli altri che la pensano in modo diverso come nemici o servi: chi ha questa concezione, manifesta contro un ipotetico regime politico, per insediare un inaccettabile regime mediatico", è il giudizio finale del direttore del Tg1.

Reazioni. "L'editoriale di Minzolini è una svolta per il Tg1 - commenta Paolo Gentiloni, responsabile comunicazione del Pd - Il principale tg italiano abbandona, anche formalmente, ogni profilo istituzionale e scende in campo con una polemica contro una manifestazione di forze sindacali e di opposizione cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone. Non ci sono precedenti di un simile stravolgimento di un telegiornale del servizio pubblico", dice l'esponente del Pd. "Chiedo che la Commissione di vigilanza sulla Rai accerti se il direttore del Tg1 può darsi ad una militanza degna del miglior Fede", conclude Gentiloni.

Durissimo anche il commento del consigliere di amministrazione della Rai Nino Rizzo Nervo: "Che il direttore del Tg1 si esibisse in un editoriale contro la libertà di stampa non mi meraviglia, essendo abituato soltanto alla libertà di nascondere le notizie. Il suo è stato un vero e proprio comizio contro la manifestazione di oggi, in verità meno efficace di quanto poco prima aveva detto il portavoce del Pdl Daniele Capezzone".

"Poiché sono comunque convinto che il direttore del Tg1 è uno strenuo difensore del contraddittorio nel suo telegiornale - continua Rizzo Nervo - non ho dubbi che domani il Tg1 ospiterà sul tema della libertà di stampa un editoriale del direttore di Repubblica. Se non lo farà, sarà anche questa la testimonianza che dirige ormai un telegiornale di parte - conclude il consigliere - e questo non è compatibile con il servizio pubblico radiotelevisivo".

"Il direttore Minzolini può avere idee diverse da noi e ha tutto il diritto di esporle ma il principale tg del servizio pubblico non può negare la completezza e la correttezza dell'informazione - commenta il segretario generale della Fnsi Franco Siddi. Ignorare l'organizzazione della Federazione della stampa - prosegue Siddi - ignorare e cancellare le relazioni che spiegavano cosa fosse la manifestazione per dare l'idea che anziché una giornata di libera informazione e di espressione della coscienza civile sia stata una passerella di politici dell'opposizione, che invece hanno partecipato con rispetto dell'autonomia dei giornalisti e di tutti gli organizzatori, è un'operazione miserabile, una manipolazione imperdonabile". Per Siddi "il Tg2, dichiaratamente affidato alla destra, ha prima di tutto dato conto delle notizie come stanno. Il Tg1 invece non ha rispettato neppure la minima par condicio. Al direttore generale Masi - conclude Siddi - l'invito a fare anche su queste cose le sue indagini".

"Vogliamo ringraziare il direttore del Tg1 perché con il suo editoriale ha confermato come la libertà di informazione sia davvero a rischio", commenta Giuseppe Giulietti di Articolo 21. "Nei paesi normali il coraggio si esprime nella capacità di criticare il potere. In Italia invece si misura nella capacità di inchinarsi di fronte al conflitto di interessi", aggiunge Giulietti.

(3 ottobre 2009)

 

 

 

 

Non era una folla

ma era un popolo

di EUGENIO SCALFARI

QUESTO articolo è dedicato al tema del testamento biologico, che tornerà tra breve di stretta attualità e sul quale è da tempo in corso un ampio dibattito che coinvolge diverse concezioni del bene comune.

Sento tuttavia la necessità prima d'affrontare quel tema, di esprimere il mio pensiero sulla manifestazione che si è svolta ieri pomeriggio in Piazza del Popolo a Roma in nome della libertà d'informazione. Ne torno in questo momento e ne sono dunque mentre scrivo ancora caldi i sentimenti e le emozioni che essa ha suscitato.

Sul senso politico e soprattutto costituzionale di quell'imponente raduno di persone, di associazioni, di sindacati e di forze politiche, ha scritto ieri Ezio Mauro. La gente è andata in piazza per difendere la prima delle libertà, preliminare rispetto a tutte le altre, struttura portante della democrazia. Questo sentimento accomuna i cittadini al di là e al di sopra di tutte le differenze di parte e ieri infatti si è andati in piazza in nome della Costituzione repubblicana.

Non era una folla, era un popolo che gremiva fino all'inverosimile non solo la piazza ma l'adiacente piazzale Flaminio, le balconate e le terrazze del Pincio, la via di Ripetta, la via del Corso fino a piazza Augusto, la via del Babuino. Addensati come non mi era capitato mai di vedere in situazioni consimili.

Dico che non era una folla ma un popolo perché non erano lì per ascoltare e osannare un leader, un capo carismatico alle cui parole e al cui fascino avrebbero agganciato le loro pulsioni, i loro sogni, le loro attese.

Erano lì in nome di convinzioni maturate da tempo, d'una visione propria e condivisa del bene comune, del rifiuto della demagogia. Erano lì per solidarizzare con due giornali attaccati dal potere politico e con le poche trasmissioni televisive che non sono al guinzaglio del potere. Ed erano lì per testimoniare l'essenza democratica delle donne e degli uomini di buona volontà, di chi ricorda il passato e vuole costruire il futuro.

Tra le tante strette di mano e di abbracci dati e ricevuti, l'incoraggiamento che tutti ci hanno rivolto è stato di resistere, continuare, non mollare. M'è venuto in mente che "non mollare" fu il motto adottato sotto il fascismo da Ernesto Rossi e dai promotori di "Giustizia e Libertà". Le battaglie civili che si combattono oggi sono molto diverse da quelle di allora, ma il senso è il medesimo: in un'epoca appiattita e priva di ideali, occorre risvegliare un paese cloroformizzato, disinformato, indifferente e ricondurlo all'impegno civile.

Questo intendeva dirci il popolo di quella piazza. Non erano loro ad ascoltare noi, ma noi a sentirceli vicini e far nostre le loro indicazioni: resistete, continuate, non mollate. E noi, per il fatto stesso di fare correttamente il nostro mestiere, resisteremo, continueremo, non molleremo.

* * *

Il testamento biologico non è ancora calendarizzato nei lavori della Camera dei Deputati ma lo sarà tra breve. Il Senato l'ha già approvato in una versione che piace al centrodestra ed è invece ritenuta fondamentalista dal centrosinistra. I due opposti schieramenti non sono comunque compatti. Da molte parti si vorrebbe un rinvio di decantazione ma è improbabile che si ottenga poiché per il "premier" è preziosa merce di scambio con la Chiesa per riacquistare una credibilità, anzi una legittimità politica da parte della gerarchia ecclesiastica.

Le posizioni in campo si possono ridurre alle seguenti:

1. Un testamento redatto e firmato dall'interessato subito dopo l'approvazione della legge e periodicamente aggiornato, nel quale l'interessato disponga a piacimento del suo corpo quando si trovi in uno stadio terminale a causa d'una malattia giudicata dal medico incurabile. L'interessato designa anche l'esecutore testamentario chiamato a far valere la sua volontà in caso di sua incoscienza e quindi impossibilità di esprimersi. Il documento così redatto deve essere depositato presso un notaio. Dalle disposizioni del testatore è comunque esclusa per legge la somministrazione di nutrimento che non fa quindi parte della terapia.

2. Il ministro della Sanità propone in alternativa il ritiro della legge e lo stralcio per quanto riguarda la somministrazione dei nutrimenti. Lo stralcio dovrebbe stabilire secondo il ministro che il nutrimento deve essere in ogni caso somministrato fino a quando la morte non avvenga.

3. La legge di cui al punto 1 dovrebbe essere emendata e includere anche la somministrazione nella disponibilità del testatore.

4. Non si faccia nessuna legge lasciando all'interessato di decidere direttamente in accordo con i suoi familiari e con il suo medico di fiducia. Ma saranno comunque necessarie garanzie per i medici che eseguono la volontà del malato di interrompere terapia e nutrimento. In questo contesto si potranno anche inserire norme contro l'eutanasia e contro l'accanimento terapeutico.

Queste sono le quattro posizioni che si confronteranno alla Camera e al Senato se, come sembra probabile, la legge sarà modificata e quindi rinviata a Palazzo Madama per una seconda lettura.

La posizione numero 1 è appoggiata dalla maggior parte del centrodestra cui in questa occasione si aggiungeranno i voti dell'Udc. Quella numero 2 ne costituisce una variante. Quella numero 3 raccoglie la maggioranza del centrosinistra e probabilmente anche dei "liberali" di centrodestra. La numero 4 ne rappresenta una variante che tende a limitare al massimo l'intervento della politica in una questione eminentemente privata.

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Decisioni su temi di questa complessità, che riguardano la concezione della vita e le modalità operative che implicano inevitabilmente l'intervento dei medici, non possono essere adottate senza un contributo determinante dell'opinione pubblica, non foss'altro per la ragione che resta possibile il ricorso ad un referendum abrogativo da parte di chi non fosse soddisfatto della normativa decisa nelle aule parlamentari.

Il pubblico dibattito è dunque oltremodo necessario, soprattutto per informare i cittadini della sostanza della questione e delle sue implicazioni rispetto ad una complessiva visione del bene comune. Si confrontano in un dibattito di questa natura posizioni diversamente ispirate ed anche specifiche deontologie, la prima delle quali si può definire "ippocratica" e riguarda l'intera classe medica, deontologicamente vincolata al cosiddetto giuramento di Ippocrate che pone la medicina al servizio della preservazione della vita. Può un medico contravvenire a quel giuramento per dare esecuzione alla volontà di un malato?

La questione non è di poco conto ed infatti è ampiamente utilizzata da quanti si oppongono alla tesi dell'interruzione delle terapie nel caso di malattie incurabili giunte allo stadio terminale.

La constatazione dell'incurabilità e dello stadio terminale è di pertinenza dell'équipe medica che segue l'ammalato in questione. I medici dunque non vengono espropriati del loro ruolo essenziale, anzi esso ne risulta ulteriormente rafforzato come è giusto che sia.

Il giuramento di Ippocrate può dunque essere razionalmente superato sulla base di tre considerazioni.

La prima riguarda il progresso delle tecnologie curative che hanno fortemente modificato il momento della morte, non più identificato nella cessazione del battito cardiaco ma nella morte cerebrale. Questa nuova concezione del momento della morte, sulla quale si basa la tecnica degli espianti e trapianti di organi ancora vivi, conferisce alla tesi ippocratica una flessibilità ed una relatività prima sconosciuta, che fanno appello alla coscienza responsabile del medico e al rapporto tra il giuramento di Ippocrate e il caso specifico di quel malato.

La seconda considerazione riguarda l'accanimento terapeutico il cui divieto è ormai universalmente accettato.

La terza riguarda la cura del dolore, anch'essa accettata da tutti, comprese le varie chiese cristiane.

Ma accanto e al di sopra della tesi ippocratica che ha natura essenzialmente deontologica, si staglia la concezione religiosa che assegna non già alla libera volontà individuale ma soltanto a Dio la potestà sulla vita e sulla morte delle sue creature. Qui sta il nocciolo dell'intera questione. Come si supera l'obiezione del "pro vita"? E le obiezioni di coscienza che da questa tesi derivano?

* * *

Va detto innanzitutto che l'obiezione "pro vita" motivata da un'autonoma decisione individuale e/o dal richiamo religioso alla potestà non discutibile del Creatore, ha pieno diritto di essere sostenuta nello spazio pubblico dove tutte le opinioni hanno diritto di esprimersi cimentandosi con opposti modi di pensare e di comportarsi. Del resto il testamento non è obbligatorio, si muore anche senza di esso. Parlo qui del testamento civile, in assenza del quale l'eredità viene assegnata "ope legis" secondo le normative del codice.

In caso di testamento biologico però, l'assenza di esso crea non pochi problemi che tuttavia vengono superati dall'esistenza d'un parente di strettissimo grado di parentela: coniuge, figlio, genitore. Oltre questa cerchia non si può andare. Su questa base del resto la Corte di Cassazione decise il caso Englaro riconoscendo al padre il potere decisionale in rappresentanza della figlia Eluana. Infine, in mancanza di parenti di strettissimo grado, il magistrato può nominare un curatore a tutela del malato incurabile e terminale.

Ma torniamo all'obiezione religiosa e dal canto nostra obiettiamo: la tesi "pro vita" ha pieno diritto d'essere pubblicamente e fortemente sostenuta ma essa non può essere imposta a chi non la condivide; lo Stato democratico non può far propria la tesi "pro vita" (intesa nel senso di impedire le libere decisioni individuali che comprendano la cessazione delle terapie e della nutrizione) senza con ciò trasformarsi in uno Stato etico, portatore di concezioni etiche e religiose, che rappresenterebbero una deformazione non solo autoritaria ma totalitaria in aperto contrasto con lo spirito e con la lettera della Costituzione repubblicana.

Queste del resto furono le motivazioni che portarono alla legislazione sul divorzio, sull'aborto, sulla procreazione medicalmente assistita: istituti che non impongono nulla a nessuno limitandosi a riconoscere diritti, anzi facoltà per chi voglia avvalersene e soltanto per lui.

Neppure la Chiesa, comunque, è monolitica su temi di questa delicatezza e complessità. Recentemente il cardinal Martini si è espresso con molta chiarezza sul significato profondo del "pro vita" cattolico e dal suo punto di vista va sostenuto e affermato mettendolo tuttavia in rapporto con la dignità della persona. Due valori che vanno entrambi rispettati e dei quali, in certe circostanze, il secondo può addirittura prevalere sul primo come del resto attesta la considerazione in cui il martirologio è ricordato e venerato dalla Chiesa. La dignità del martire è connessa alla testimonianza della sua fede e per essa una persona sana si immola anziché abiurare. La persona ammalata chiede di affrettare una ormai inevitabile morte per rispetto verso l'opera del Creatore. Non è in tutte e due i casi un problema di dignità?

Il testamento biologico rientra tra quei grandi temi morali e culturali che possono rafforzare la tempra democratica d'un paese. Avvilirlo in uno scambio lobbistico sarebbe quanto di peggio possa accadere. È purtroppo vero che al peggio ci stiamo abituando, ma questo è appunto il pericolo che sta correndo la democrazia ed anche la religione. Il popolo di Dio dovrebbe preoccuparsene quanto noi e più ancora di noi.

(4 ottobre 2009

 

 

 

 

 

Crolla il muro

della finzione

di CURZIO MALTESE

C'ERA un solo Paese, fino a ieri, dove si potesse definire una "farsa" una manifestazione per la libertà di stampa in Italia. Indovinate un po', il nostro. Nel resto d'Europa e dell'universo democratico, l'anomalia italiana è ormai evidente a tutti. Bene, da oggi diventa più difficile per il potere negarla. La folla di cittadini che ha riempito all'inverosimile Piazza del Popolo e dintorni ha avuto l'effetto di far crollare un muro di finzione.

Ha portato un pezzo di realtà sulla scena pubblica, restituito un senso alle parole rubate dal marketing politico, come popolo e libertà, segnalato l'esistenza e la resistenza di un'Italia aperta al mondo, allegra e pronta a scendere in piazza per i propri diritti. Ed è un segnale del paradosso orwelliano in cui ci tocca vivere che proprio questa Italia si presenti in piazza al grido: "Siamo tutti farabutti".

È crollata in un pomeriggio una finzione costruita da mesi e anni di propaganda. Quella per cui la questione della libertà d'informazione in Italia è soltanto una lotta di élites nemiche, di qui Berlusconi e i suoi media, di là Repubblica e un pugno di giornalisti di tv e carta stampata, spalleggiati dalla fantomatica Spectre internazionale del giornalismo di sinistra. Se così fosse, aggiungiamo, avremmo già perso da un pezzo, visto i rapporti di forza.

Ma la questione è altra ed è quella che vede benissimo l'opinione pubblica internazionale. Da un lato c'è una concezione classica delle libertà democratiche, per cui il governo e l'informazione fanno ciascuno il proprio mestiere. Dall'altro, il fronte berlusconiano, dove è affermata ormai a chiare lettere una concezione di democrazia mutilata in cui i media debbono astenersi dal criticare il potere politico, perfino dal porre domande non previste dal protocollo. Altrimenti rischiano ritorsioni economiche, politiche, giudiziarie.

Sullo sfondo di un irrisolto e monumentale conflitto d'interessi, il progetto di Berlusconi è di costringere l'intero campo dell'informazione a due sole possibilità. Una metà militante a favore del padrone, cioè servile. E l'altra metà comunque deferente.

Nei quindici anni di carriera politica, Berlusconi non era mai giunto tanto vicino a raggiungere questo obiettivo come al principio del suo terzo mandato. Una televisione e una stampa prone ai voleri del governo, in molti casi liete di fare da semplici megafoni, hanno scortato il premier fra infinite passerelle nella luna di miele con l'elettorato. Poi qualcosa si è rotto. Le voci non servili o non deferenti rimangono poche, ma suonano forte e soprattutto sono sostenute da un crescente sostegno popolare.

Perfino il pubblico televisivo, il "popolo" di Berlusconi, ha cominciato a ribellarsi a una rassegnata deriva. Per il re delle antenne, abituato a riferire dell'azione di governo prima (o solo) in tv piuttosto che in Parlamento, far segnare record negativi di ascolti, quando il "nemico" Santoro polverizza un primato dopo l'altro, è davvero un brutto segno di declino. La risposta di massa in piazza all'appello del sindacato giornalisti è un altro pessimo segnale. Pessimo, s'intende, per l'egemone. Magnifico per chi continua a pensare all'Italia come a una grande democrazia occidentale.

Non sappiamo se l'opinione pubblica è davvero e ancora "una forza superiore a quella dei governi", come scriveva Saint Simon agli albori della democrazia. Nell'Italia di oggi è in ogni caso una forza superiore a quella di un'opposizione politica divisa, confusa e a giudicare dagli ultimi voti parlamentari anche distratta. Il potere ne è consapevole e infatti gli attacchi agli organi d'informazione in questi mesi hanno raggiunto toni mai toccati dalla polemica politica.

Per finire con una nota grottesca, parliamo del Tg1, ormai scaduto a bollettino governativo. Ieri sera il direttore Augusto Minzolini è intervenuto con un editoriale nel quale, dopo aver esordito definendo una manifestazione di cittadini in favore della libertà di stampa "incomprensibile per me" (nel suo caso, si capisce), ha ripetuto parola per parola gli slogan appena usati nel pastone politico dagli esponenti del Pdl.

Minzolini, che è quello senza occhiali - per distinguerlo da Capezzone - non è l'ennesimo portavoce del premier, ma un dipendente del servizio pubblico, pagato coi soldi del canone versato anche dai manifestanti. Anzi, forse più da loro che da altri. Dovrebbe tenerne conto e dare qualche notizia in più, invece di propinarci per la seconda volta il Berlusconi-pensiero mascherato da editoriale.

(4 ottobre 2009

L'UNITA'

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.unita.it

2009-10-05

Redazione Tg1 contro Minzolini

Non è bastato il durissimo comunicato del comitato di redazione letto ieri sera all'edizione delle 20 del Tg1 contro l'"editto" del direttore Augusto Minzolini a placare la rabbia di migliaia di cittadini e ascoltatori del prestigioso telegiornale. E così, la casella di posta elettronica del Tg1 è stata inondata di mail di protesta già da ieri.

Il comunicato del Cdr recitava: "Il Tg1 non è mai stato schierato, nella sua storia, contro alcuna manifestazione. Ieri - è scritto nel comunicato del cdr - il direttore lo ha allineato contro la manifestazione del sindacato unitario dei giornalisti per la libertà d'informazione, cui ha aderito una moltitudine di cittadini".

Un comportamento che ha spinto il cdr ha chiedere ai vertici aziendali una convocazione immediata per discutere del caso-Minzolini. "Il Tg1 - ricordano i giornalisti - ha per sua tradizione un ruolo istituzionale, non è un tg di parte. È il Tg di tutti i cittadini, anche di quelli che hanno manifestato per chiedere il rispetto dell'articolo 21 della Costituzione. E cui sbrigativamente è stato detto di aver fatto una cosa 'incomprensibile'. Il Tg1 va in tutte le case. È servizio pubblico e rispetta ogni opinione e sensibilità per non mettere in gioco il suo patrimonio di credibilità. Ai telespettatori che in queste ore fanno giungere le loro proteste l'impegno del comitato di redazione perchè siano recuperati rispetto ed equilibrio. Ai vertici aziendali chiediamo una convocazione urgente per esprimere le nostre preoccupazioni".

La replica dal direttore, intanto, è già arrivata. La nota del cdr - replica Minzolini - "è la dimostrazione che c'è chi manifesta per la libertà di stampa, ma è intollerante verso chi ha una opinione diversa". E il portavoce del Pdl, Daniele Capezzone, è corso a dargli manforte: "Augusto Minzolini ha totalmente ragione. Il Cdr del Tg1 si conferma un piccolo e ridicolo soviet antilibertà. Questi grigi burocrati del peggiore giornalismo predicano la libertà, ma praticano la censura, e vorrebbero cominciare imbavagliando il loro direttore. Una risata li seppellirà".

04 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

2009-10-04

Piazza del Popolo, trecentomila lettori contro il bavaglio

di Mariagrazia Gerinatutti gli articoli dell'autore

"Libertà è partecipazione", canta la piazza venuta a riprendersi i giornali, i tg, la stampa libera di criticare. E anche quella parola, scippata, con tutto il resto, dal premier. Libertà. Sono donne, uomini, ragazzi, bambini insieme alle loro madri a scandirla. Lettori stanchi, arrabbiati, lettori che vorrebbero risposte e non insulti dal premier. Telespettatori stufi di quello che passano i tg. Farabutti con il bavaglio sulla bocca. Che sciamano da via Cola di Rienzo da via del Corso, da via di Ripetta verso una piazza del Popolo, improvvisamente troppo piccola, ancor prima che cominci la manifestazione, per contenere tutti quelli che oggi hanno deciso di scendere in piazza per difendere la libertà di stampa. Sono partiti con i pullman da Milano, da Empoli, da Forlì da Napoli. "Siamo trecentomila", gridano dal palco.

"Eccoci". Aldo ha fotocopiato la storica prima pagina dell'Unità e la distribuisce agli amici venuti con lui da Napoli. "La compro da sempre, sono qui perché è incredibile che Berlusconi vi abbia querelato per aver scritto la verità". "Non ne possiamo più delle sue bugie, delle sue reti private, di quelle pubbliche a lui asservite, siamo stufi di essere presi per il c...".

Chi va in giro con il bavaglio. Chi con l'articolo 21 della Costituzione stampato sul petto. "Denuncia anche me", le magliette di Staino sono andate a ruba. In un'ora Cesare, Isabella, Dario, Riad e Mohammed, Cecila ed Emanuele, le finiscono tutte e cinquemila. Fuggono per la piazza indossate dai lettori. "Sono finite? Buon segno", si rassegna Teresa, pensionata, mentre in tanti si accalcano attorno al nostro stand. Ben visibile sotto la frase di Gramsci che volteggia nel cielo: "Odio gli indifferenti". Lettori anziani, lettori in erba. "Brava Concita, hai fatto bene", gridano quando arriva il direttore. "Il fatto è che il giornale che compro me lo scelgo, ma le tv me le impongono", si scalda Stefania, 56 anni, casalinga, marito partita Iva e figli (di 30 e 34 anni) ancora precari. In mano le magliette, sotto braccio l'Unità.

Elisa, Elena e Ambra indossano una maglietta autoprodotta. Con l'articolo 21 della Costituzione scritto a pennarello. "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure". Hanno sedici anni. E vengono da Pescia, in provincia di Pistoia. E' la loro prima manifestazione. "La libertà di stampa è tutto, senza informazione un paese è finito, ma in quale altro posto al mondo il presidente del consiglio non risponde alle domande legittime che gli fanno i giornalisti?".

Mariagrazia, pensionata, e le sue amiche Mariella e Patrizia, che quando dice il suo nome suscita l'ilarità delle altre, si sono cucite una chiusura lampo rossa sulla bocca, aperta a metà. Perché zitte non ci vogliono stare: "E adesso stampiamo un bel casino", hanno scritto su un paio di tazebao di fortuna. Non sono ragazzine, ma l'hanno presa con un certo spirito. Sono saltate sul pullman della Cgil e da Grosseto eccole qua. "Ero stufa di indignarmi davanti alla tv e sono venuta a indignarmi qui". "E' la vergogna di quello che siamo diventati, la vergogna di avere un presidente del consiglio così che ci ha portato in piazza", raccontano. "E poi non parliamo di quello che sta capitando alle donne...".

Lo striscione più bello lo portano Francesco e Silvia, 12 anni, insieme a Luca, 10 anni: "Papi posso leggere topolino?". L'hanno fatto con le loro mamme: "La libertà di espressione è l'abc della democrazia", spiegano, mentre cercano di infilarsi nella piazza che è già strapiena ancora prima che la manifestazione cominci.

Vincenzo, 60 anni, architetto, l'ha presa dal lato più cupo. Berlusconi l'ha vestito da Mussolini, sotto gli ha messo tutti e sei i tg nazionali: "Potevo fare di quest'aula sorda e grigia un bivacco...". "Non è una esagerazione, la tv è manipolata, i direttori di tg raccontano ciò che gli viene detto di raccontare dall'alto ed è gravissimo perché l'informazione è l'unico vero contropotere che i cittadini hanno nelle loro mani".

Rabbia e ironia. Fischi, per il direttore del Giornale Vittorio Feltri, evocato dal palco. E applausi. Per Santoro. Per il nostro direttore, per Ezio Mauro. Applausi per il grande vecchio del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari, che lascia la piazza, con un palloncino rosso e una rosa in mano tra la folla che lo applaude e lo ringrazia. E una domanda per i parlamentari dell'opposizione che non erano in aula quando si votava lo scudo fiscale. "Dove eravate?", recita un cartello.

L'APPELLO DI SIDDI

"Con noi c'è la coscienza civile di questo paese, che non china la testa e non piega la schiena", ringrazia Franco Siddi, il segretario della Federazione nazionale della stampa, che dal palco scandisce la regola-base a difesa della democrazia e della verità: "Se il re è nudo, è nudo, anche se è il premier... A meno che Berlusconi non pensi a un lodo Alfano per l'informazione che metta al riparo lui e i potenti dalle notizie vere". Le querele a l'Unità e a Repubblica, gli attacchi continui alla stampa che lo critica, fanno capire che siamo già su quella cattiva strada: "Cessi le campagne di accuse ai giornalisti. Cessi di dare loro dei farabutti", chiede Siddi al premier. "Ritiri le querele", e "ritiri anche il lodo Alfano".

LE VOCI DAL PALCO

La "farsa", l'ha chiamata Berlusconi. Non poteva però iniziare in modo più austero. Con un minuto di silenzio invocato dal palco sui morti di Messina. "È diabolico dire che una manifestazione per difendere la libertà di stampa è una farsa", attacca la lettera di don Sciortino, il direttore di Famiglia Cristiana letta da Andrea Vianello, presentatore della manifestazione e giornalista del tg3. Una delle tante voci che si sono alternate sul palco con una varietà incredibile.

La voce di Roberto Saviano che rivendica "la serenità di poter lavorare senza doversi aspettare ritorsioni": "Ciò che sta accadendo dimostra che verità e potere non coincidono mai". E quella di don Sciortino, che scandisce: "La legittimazione del voto popolare non autorizza nessuno a colonizzare lo Stato e a spalmare il Paese di un pensiero unico senza diritto di replica".

La voce di Simone Cristicchi che dopo aver candato chiede: "C'è una escort bionda da spostare, è targata Bari parcheggiata davanti Palazzo Grazioli". E quella di Valerio Onida che legge ciò che scrive la Corte europea: "L'informazione deve essere garantita anche quanco contiene una buona dose di esagerazione e persino di provocazione". E chiosa: "Il cittadino non informato o informato male è meno libero".

La voce del Gabibbo di Striscia la notizia - "Applaudite il cdr di Mediaset", chiede Vianello alla piazza. E quella di Sergio Lepri, storico direttore dell'Ansa, 90 anni appena compiuti che richiama all'impegno collettivo "per evitare che si soffochino le voci libere".

03 ottobre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-10-05

Minzolini: "La manifestazione di Roma è incomprensibile". Bufera sul direttore del Tg1

5 ottobre 2009

300mila persone a Piazza del Popolo

VIDEO / L'editoriale contestato di Minzolini

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E' bufera nella redazione del Tg1 dopo l'editoriale del direttore, Augusto Minzolini, che nell'edizione delle 20 di sabato ha criticato l'opportunità della manifestazione per la libertà di stampa che si era tenuta a Roma in giornata. "La manifestazione di oggi per me è incomprensibile visto che negli ultimi tre mesi sono finiti nel tritacarne mediatico Berlusconi, Agnelli, De Benedetti, l'ex direttore di Avvenire - ha detto Minzolini - Non è a rischio la libertà di stampa, il rischio è un altro: nell'informazione è in atto uno scontro di poteri e la manifestazione di oggi fotografa una disparità perchè è stata convocata contro la decisione del premier di presentare due querele, a Repubblica e all'Unità, ma non quelle che colpiscono altri giornali magari di diverso orientamento. In realtà negli ultimi 10 anni sono 430 le querele dei politici, per il 68% di esponenti di sinistra. È possibile che la libertà di stampa venga messa in pericolo solo da due querele di Berlusconi? La manifestazione di oggi più che contro un ipotetico regime politico è per insediare un regime mediatico", aveva detto Minzolini nell'edizione di punta del tg del servizio pubblico .

Parole che hanno scatenato la reazione del comitato di redazione del telegiornale, che già in altre occasioni aveva espresso le sue critiche all'operato del suo direttore. Con un comunicato il cdr ha sottolineato che "il Tg1 non è mai stato schierato, nella sua storia, contro alcuna manifestazione. Ieri il direttore lo ha allineato contro la manifestazione del sindacato unitario dei giornalisti per la libertà d'informazione, cui ha aderito una moltitudine di cittadini. Il Tg1 va in tutte le case - sottolineano i rappresentanti dei giornalisti del Tg1 - E' servizio pubblico e rispetta ogni opinione e sensibilità per non mettere in gioco il suo patrimonio di credibilità. Ai telespettatori che in queste ore fanno giungere le loro proteste l'impegno del comitato di redazione perché siano recuperati rispetto ed equilibrio. Ai vertici aziendali - conclude il comunicato - chiediamo una convocazione urgente per esprimere le nostre preoccupazioni".

A questo comunicato del cdr Minzolini ha replicato e si è difeso dicendo che esso "è la dimostrazione che c'è chi manifesta per la libertà di stampa ma è intollerante verso chi ha un'opinione diversa".

Dai vertici della Rai, comunque, una prima risposta al Cdr del Tg1 è già arrivata: a quanto si apprende il presidente Paolo Garimberti avrebbe intenzione di scrivere al direttore generale Mauro Masi a proposito dell'editoriale di Minzolini, e intenderebbe sollevare il caso in Consiglio di amministrazione. Da parte sua Sergio Zavoli, presidente della Commissione di Vigilanza Rai, ha fatto sapere che la questione dell'editoriale di Augusto Minzolini "sarà inserita nell'audizione dello stesso direttore del Tg1, già prevista al pari di quelle di tutti gli altri direttori di testata e responsabili di rubriche". La data dell'audizione di Minzolini non è stata ancora fissata, "ma si terrà presto. Ora che il ciclo delle nomine si va completando - aggiunge Zavoli - possiamo procedere ad ascoltare i vari direttori, a partire proprio dal Tg1. In quest'ottica anticipare qualsiasi commento mi sembra fuori luogo".

Anche fuori dagli edifici Rai, intanto, la polemica non si placa. Lo stesso sindacato dei giornalisti, l'Fnsi, con il segretario generale Fraco Sidid dice che "l'arroganza di talune scelte di schieramento non ha limiti, per taluno. Il resoconto del Tg1 delle 20 della grande manifestazione sulla libertà di stampa tenuta oggi pomeriggio a Roma è il segnale più evidente e grave di un servizio pubblico malato che nella sua testata di punta manipola la realtà". Replica il portavoce del Pdl Daniele Capezzone, per il quale "contro Minzolini si schiera un piccolo e ridicolo soviet. Minzolini ha totalmente ragione: il Cdr del Tg1 si conferma un piccolo e ridicolo soviet antilibertà". E sempre dal Pdl Maurizio Gasparri lancia un monito al presidente Garimberti: ""Scriveremo noi una lettera aperta - annuncia - per denunciare questo atteggiamento censorio che indigna e del quale il presidente Rai sarà chiamato a rispondere in commissione di Vigilanza. Dove nessun esito è escluso".

5 ottobre 2009

 

 

 

 

 

2009-10-04

Manifestazione libertà di stampa

300mila a Piazza del Popolo

di Nicoletta Cottone

3 ottobre 2009

ANALISI

Dieci punti sul mercato dell'informazione

di Marco Mele

GALLERIA FOTOGRAFICA

Le immagini della manifestazione

La manifestazione nei commenti dei politici

Precari in piazza contro i tagli alla scuola

INFORMAZIONE / Che cosa vuol dire libertà di stampa

"Dai nostri archivi"

In piazza per la libertà di stampa

Piazza del Popolo gremita, un tripudio di colori, palloncini, bandiere, cappellini, cartelli. Uno per tutti: "La verità vi farà liberi". Tante magliette: "No all'informazione bavaglio". Gli ospiti si alternano su un grande palco tratteggiato di bianco, contornato da due maxi schermi. È stato questo il teatro della manifestazione per la libertà di informazione, indetta dalla Federazione nazionale della stampa italiana. "Siamo in 300mila", hanno fatto sapere gli organizzatori fra gli applausi. La manifestazione si è aperta con un minuto di silenzio dedicato alle vittime della tragedia di Messina. Impossibile entrare nella piazza, piena all'inverosimile, le vie intorno traboccano di gente di tutte le età. Molti i giovani, tante le donne.

Saviano: "Libertà di stampa è raccontare senza ritorsioni". Applauditissimo Roberto Saviano, lo scrittore impegnato contro la mafia, che vive da anni sotto protezione. Saviano ha ricordato come la libertà di stampa sia anche la serenità di lavorare, "di raccontare senza ritorsioni, senza che il proprio privato sia utilizzato come un'arma per far tacere". Un'emergenza particolarmente sentita in Italia, "che è il secondo paese dopo la Colombia per il numero di persone che si trovano sotto protezione. Raccontare in certe parti d'Italia, soprattutto al Sud, è complicatissimo e costringe a dover difendere la propria vita". Tra i nemici principali del dovere di raccontare, ha sottolineato Saviano, "c'è l'indifferenza, che isola chi prova a descrivere la realtà. Ecco perchè siamo quì, per dire che ogni paese ha bisogno della massima libertà di espressione". Un modo, secondo Saviano, anche per difendere la memoria dei giornalisti che sono caduti in nome della libertà di informazione. Per Saviano "quello che è accaduto a Messina è il frutto, non della natura, ma del cemento. Se si permette a chi scrive di farlo secondo coscienza e senza pressioni, tragedie come questa potrebbero essere evitate".

Onida: "Il potere politico è intollerante verso le voci critiche". "Il potere politico - ha detto Valerio Onida, presidente emerito della Corte Costituzionale, dal palco di piazza del Popolo - è troppo spesso intollerante nei confronti delle voci critiche". Per Onida, "la libertà di informazione è fondamentale per la vita democratica. Una libera informazione è presupposto per una società libera".

Siddi: "I nemici sono quelli che attentano alla libertà". "I giornalisti - ha detto il segretario generale dell'Fnsi Franco Siddi parlando dal palco a piazza del Popolo - non vogliono e non cercano nemici. Gli unici nemici sono quelli che attentano alla libertà". "Non c'è nessun tentativo di bavaglio", ha aggiunto ironico Siddi, "nessun tentativo di intimidire giornalisti scomodi e testate non allineate. Nessuna vendetta mediatica: i giornalisti non sono mai stati indicati come farabutti e delinquenti. No, non ci siamo". Il premier Silvio Berlusconi aveva detto che la manifestazione sulla libertà di stampa "è una farsa assoluta, in Italia c'è più libertà di stampa che in qualasiasi altro paese". "Libertà di stampa non vuol dire solo avere a disposizione decine di giornali ma anche avere tutte le notizie che meritano di essere pubblicate", ha spiegato Franco Siddi, per cui la manifestazione ci "aiuta a riscattare anche all'estero l'immagine dell'Italia". Siddi ha chiesto al premier di ritirare il ddl Alfano sulle intercettazioni e le cause intentate contro i giornalisti.

Lepri: "Evitare che si soffochino le voci libere". Sergio Lepri, storico direttore dell'Ansa, 90 anni appena compiuti ha lanciato un appello: "Impegnamoci tutti per evitare che si soffochino le voci libere e per fare in modo che il diritto di indignazione che si leva da questa piazza vada in tutte le piazze d'Italia".

Slogan della manifestazione "Informazione, no al guinzaglio". La manifestazione per la libertà di informazione, spiegano gli organizzatori, "per una stampa che non vuol farsi mettere il guinzaglio da nessuno". Slogan, scritto anche sulle magliette che molti manifestanti indossano: "Informazione, non al guinzaglio". E proprio oggi Reporter sans Frontieres, anticipando il rapporto che sarà reso noto il 20 ottobre, ha detto che il nostro Paese è sceso nella classifica della libertà di stampa e che Berlusconi potrebbe essere inserito nella "lista dei predatori della libertà di stampa".

Spazio anche alla musica. La prima è Teresa De Sio. Confermata la presenza di Samuele Bersani, Marina Rei, Teresa De Sio, Nicky Nicolai, i Tetes de Bois, Enrico Capuano, ma gli organizzatori non escludono ulteriori "sorprese". Manifestazioni parallele si terranno in dodici città italiane ed europee, da Barcellona a Londra, mentre a Parigi la rivista Focus In ha organizzato una ronda in place d'Italie per "sensibilizzare la popolazione sui rischi che sta correndo la stampa italiana". A partecipare, tra gli altri, anche la Cgil e la Fim-Cisl, i partiti dell'opposizione parlamentare, dal Pd all'Idv, a extraparlamentare, Sinistra e Libertà, Rifondazione Comunista e Comunisti italiani. Non è stata rispettata la richiesta dell'Fnsi di non esporre i simboli dei partiti.

La maggioranza ha preso le distanze dalla manifestazione. "È una sorta di buffonata. Qualcuno per caso è intervenuto in toni censori contro Santoro che ha fatto una trasmissione tutta costruita attraverso il buco della serratura o il gossip?", ha detto il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Paolo Bonaiuti, che ha sottolineato come "tutti i talk show politici sono orientati a favore della sinistra".

In piazza anche rappresentanti del mondo cattolico. "Vogliamo testimoniare la nostra preoccupazione dinanzi al clima pesante di condizionamento e di intimidazione cui abbiamo assistito in questi mesi e ancora negli ultimi giorni", ha spiegato il presidente delle Acli, Andrea Olivero.

3 ottobre 2009

 

 

 

 

Dieci punti sul mercato dell'informazione

analisi di Marco Mele

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3 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Sky porta Mediaset in tribunale

Utenti confusi dopo la rottura fra Sky e Rai

Nasce TivùSat: Rai, Mediaset e Ti Media gratis via satellite

"Chiudere con Sky? Vedremo"

Preta: nel passaggio al digitale la Rai perde di più, Mediaset deve aumentare i costi del 20%

 

Qualche "appunto" sulle questioni che ruotano intorno alla libertà d'informazione.

1) La crisi economica ha aumentato la debolezza della stampa sul mercato pubblicitario, a favore della televisione. Mediaset chiuderà il 2009 con una perdita sotto il 10% mentre i grandi editori di quotidiani chiuderanno intorno al 20-25% in meno rispetto a un 2008 già negativo.

2) Tutti i grandi quotidiani sono costretti a ridurre l'organico, perdendo professionalità e capacità produttiva, in termini di nuove iniziative.

3) La televisione, grazie a una transizione al digitale massicciamente appoggiata dal Governo, moltiplica i suoi contenuti, li tematizza, affianca a un'offerta generalista un'altra rivolta a segmenti specifici di pubblico (andando a competere con i periodici), sia gratuita sia a pagamento.

4) Il digitale aumenta le distanze tra il duopolio e le altre emittenti, a causa della concentrazione delle risorse (pubblicità, canone) e dei diritti sui programmi.

5) Da fine 2010 Mediaset potrà acquistare e controllare quotidiani nazionali. Certo, i quotidiani non sono oggi un grande investimento. Ma sapere di poter essere acquistati da Mediaset può condizionare i corpi redazionali.

6) Internet è una sorta di "terra liberata", almeno sinora, anche se non mancano i progetti per imporle dei limiti ma la maggior parte degli italiani s'informa attraverso la televisione, anche quando si va a votare.

7) Il Governo ha avuto negli anni sempre più poteri nei riguardi della Rai. Il Tesoro è l'azionista al 99,95% del capitale. Le Comunicazioni decidono il canone e il contratto di servizio triennale. Uno dei nove componenti del Cda, quello decisivo per avere la maggioranza, è nominato direttamente dal Governo, senza passare dal Parlamento (legge Gasparri). Il Governo assegna le frequenze digitali.

8) Non esiste più limite antitrust sulle reti televisive analogiche e digitali (legge Gasparri).

9) Gli editori televisivi "minori" e i produttori di fiction, cinema e intrattenimento indipendenti sono sempre più ai margini rispetto all'integrazione verticale dei grandi operatori tv, Rai, Mediaset e Sky: tutti e tre controllano le piattaforme trasmissive che diffondo il segnale e tutti e tre sono editori su quelle piattaforme in competizione con gli editori "minori". Mediaset ha integrato alcuni grandi produttori di contenuti, come TaoDue, Mediavivere ed Endemol-Palomar.

10) Negli anni, i giornalisti hanno perso solidi agganci a un'etica professionale basata sulla verità dei fatti e la capacità di stare al di sopra degli interessi e delle parti politiche. Un esteso esercito di precari è facilmente condizionabile.

3 ottobre 2009

 

 

 

La manifestazione per la libertà di informazione nei commenti dei politici

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3 ottobre 2009

"Dai nostri archivi"

Berlusconi: "Stampa più libera che in altri paesi occidentali"

In piazza per la libertà di stampa

Economist: "L'informazione come ai tempi di Mussolini"

Appello Fieg-Fnsi: "Violata la libertà di informazione"

Berlusconi: "La Cgil chiede cose che il governo sta già facendo"

Molti i politici presenti alla manifestazione di piazza del Popolo, per la libertà di informazione, indetta dalla Federazione nazionale della stampa italiana. Molti i commenti. Li riportiamo in ordine alfabetico.

Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio dei ministri. "La manifestazione per la libertà di stampa è una vera farsa". "La libertà è molto più ampia in Italia di qualunque altro paese occidentale".

Pierluigi Bersani, candidato alla segreteria del Pd. "Berlusconi dice che non esiste il problema della libertà di stampa, che abbiamo la stampa più libera del mondo: peccato che tutto il mondo la pensi diversamente e ci dica che c'è un problema. E la piazza di oggi - aggiunge - ci conferma che il problema c'è". Per Bersani "governo e maggioranza non possono ignorarlo. Chi controlla l'informazione la usa in modo ricattatorio su una sfera di interessi diffusi". "Questa gente non vuole nient'altro che i giornalisti facciano il loro lavoro con la schiena dritta, perchè quando gli si dice che la crisi non c'è la gente si irrita".

Fausto Bertinotti, ex presidente della Camera. "In Italia c'è bisogno di descrivere il reale, mentre c'è il tentativo di costruire una verità che diventerebbe una verità di regime e infastidisce tutto ciò che è fuori da questa falsa realtà". Per Bertinotti "questa è una protesta contro le limitazioni alla possibilità di espressione, ma gli italiani chiedono molto di più: di essere protagonisti e di vivere la politica".

 

Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. "Una manifestazione inutile, una bufala.Chiunque compri i giornali o vede la tv capisce che c'è una totale libertà di informazione".

Renato Brunetta, ministro per la Pubblica amministrazione e l'Innovazione. "Non ho nulla in contrario con la manifestazione di Roma, ma vorrei che fosse consentita, nel nostro Paese, una sorta di "tracciabilità" dell'informazione, in modo che ognuno sappia a chi appartiene il gruppo editoriale che fa un certo tipo di informazione".

Daniele Capezzone, portavoce del Pdl. "Tutti sanno - inclusi i promotori e gli aderenti alla manifestazione di oggi - che non c'é alcuna libertà di stampa e di opinione in pericolo in Italia. Per questo, i giornalisti farebbero bene a considerare che gli italiani non hanno l'anello al naso, e, a maggior ragione dopo il comizio di oggi, sapranno che molti cosiddetti operatori della comunicazione sono solo militanti politici faziosi e di parte, come tali non attendibili".

Antonio Di Pietro, leader dell'Italia dei valori. "Noi in questo momento vogliamo riaffermare il diritto all'informazione, fondamentale per la democrazia, che oggi è minacciata". Per Di Pietro "Parlamento e governo fanno sempre più leggi per pochi e per furbi mentre molti stanno male". La manifestazione, spiega Di Pietro, "è per la libertà di stampa e contro il governo Berlusconi che è in totale conflitto di interessi".

Massimo Donadi (Idv). "La libertà di informazione è sotto stretta vigilanza". Donadi dice che "c'è un Governo che controlla cinque televisioni su sei e sta cercando di far scomparire dalla televisione pubblica le notizie. Si può dire solo quello che fa comodo al Governo, chi racconta notizie scomode deve chiudere e chi come Idv fa un'opposizione scomoda scompare dai telegiornali". Secondo Donadi quella di piazza del Popolo è una "manifestazione di libertà. Noi non accettiamo che l'Italia sia 70esima nel mondo per libertà di informazione, perchè la

libertà di informazione è il cuore della democrazia".

Guglielmo Epifani, segretario generale Cgil. Commentando la grande partecipazione alla manifestazione Epifani ha detto che "si tratta di una grande risposta democratica. Condividiamo molti dei valori che sono qui oggi, perchè c'è un problema in questo Paese e noi ci battiamo perchè sia risolto".

ario Franceschini, segretario del Pd. "Berlusconi ha parlato di farsa? Si vede che gli dà fastidio che ci sia tantissima gente in piazza a manifestare per la libertà di espressione".

Maurizio Gasparri (Pdl). "La manifestazione di oggi è pretestuosa, priva di motivazioni, ridicola. È davvero lungo l'elenco dei programmi televisivi di cui dispongono giornalisti, opinionisti e militanti di sinistra: da Santoro a Fazio, dalla Annunziata a Blob e tanti altri anche su La7 e Mediaset. Bisogna aggiungere spazi per rendere più ricco un pluralismo che oggi

non c'è".

Paolo Gentiloni (Pd). La partecipazione alla manifestazione "mi sembra la migliore risposta a chi ha parlato di farsa o manifestazione pretestuosa". Per Gentiloni "il popolo del centrosinistra non pensa di vivere in una dittatura fascista ma in un Paese libero, nel quale però le voci libere vengono spesso intimidite e pensa che sia giusto il valore costituzionale della libertà d'informazione".

Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro. "Il sindacato "unico" della stampa italiana, nel giorno della manifestazione sulla libertá di informazione per conto terzi, dovrebbe aprire una riflessione autocritica sulla sua capacitá di rappresentare gli interesssi degli operatori dell'informazione nel corso degli ultimi anni". Per Sacconi "la lunga Caporetto dei giornalisti nel confronto con gli editori si è realizzata attraverso la discutibile gestione del negoziato contrattuale e le ristrutturazioni subite per l'incapacitá di prevedere le trasformazioni determinatesi nei vettori della comunicazione. Questa manifestazione, anche per la scarsa

adesione, non può coprire questo fallimento".

Livia Turco (Pd). "Per dire no alla rassegnazione e all'assuefazione all'informazione adulterata, che mistifica la realtà fino a nascondere i fatti, é importante partecipare alla manifestazione della fnsi di domani alla quale aderisco con profonda convinzione". Livia Turco sottolinea che "la libertà di stampa é il cuore della democrazia e non é mai troppo ciò che viene fatto in sua difesa".

Walter Veltroni, ex segretario del Pd. "Viviamo tutti uno tra i tempi più difficili del nostro paese. È giusto essere qui per far sentire tutti insieme la voce in difesa della libertà di informazione, la legalità e per un paese meno egoista"

3 ottobre 2009

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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